Palermo - Archivio di Stato, Costituzione Siciliana del 1812
“Se nel 1810 pochi capivano che volesse dire Costituzione, da
quell'epoca in poi non vi ha ciabattino che non conosca i diritti
suoi e che non senta la violenza di esserne spogliato"
(Nicolò Palmeri)
In un mondo sempre più globalizzato,
diventa necessario incrementare le relazioni culturali ed economiche
creando stabili collegamenti, riannodando fili, nel tempo
abbandonati, con altre realtà e civiltà.
Ripercorrere la storia della Sicilia,
soprattutto per le nuove generazioni, significa riscoprire ricchezza
e molteplicità di culture che in essa si sono incontrate.
Una tale memoria può e deve costituire
oggi il punto di partenza imprescindibile per una rinnovata capacità
progettuale che metta a frutto il ricchissimo patrimonio culturale e
naturale dell’Isola, insieme alle sue straordinarie risorse umane.
Elia Interguglielmi, Apertura del Parlamento nel Palazzo Reale
Dopo aver celebrato i 150 anni dell’unificazione nazionale ed
esaltato il valore dell’Italia una e indivisibile, ricordare, in un
ideale continuum, i duecento anni della Costituzione siciliana del
1812, contribuisce a mettere in luce lo spessore di un’identità
regionale che ha saputo fornire un apporto significativo in termini
di progetti, uomini e idee alla costruzione dell’ordinamento
unitario e al disegno della “Repubblica delle autonomie”
tracciato dalla Carta costituzionale del 1948.
Francesco Padovano (Palermo 1842), La notte del 19 luglio 1812
Le ricorrenze celebrative possono
essere riempite di contenuti d’occasione o colme di retorica, ma
possono anche, e più proficuamente, rappresentare opportune
occasioni per una valutazione critica di eventi che, pur appartenendo
al passato, hanno prodotto conseguenze sensibili ancora nel nostro
presente.
Risulta pertanto significativo far
seguire alle celebrazioni di un evento “nazionale” di indubbio
rilievo, le celebrazioni di un evento che geograficamente è
“regionale” ma che culturalmente costituisce un formidabile
esempio di diffusione di principi costituzionali che dall’Inghilterra
finiscono per contagiare la Sicilia ed il Mediterraneo.
Così declinate, le vicende della
nostra terra possono forse essere spiegate con un’angolazione
diversa da quella di una Sicilia ripiegata su se stessa, che tende a
spiegare ciò che in essa accade secondo chiavi di lettura tutte
interne. Al contrario la Costituzione del 1812 lega le sorti della
nostra terra alle aspirazioni di libertà e di autogoverno che
caratterizzeranno le vicende di molti popoli europei.
Parallelamente a quanto accade in altre
parti d’Europa – ed in particolare con la coeva Costituzione di
Cadice - il 1812 segna, a Palermo, il passaggio dall’antica
costituzione storica ad un impianto che risente del costituzionalismo
moderno.
Il carattere del testo costituzionale
non concesso da potere regio ma approvato da un parlamento in sede
costituente, l’abolizione dei privilegi feudali, l’affermazione
dei diritti dei cittadini e la libertà di stampa, la creazione di un
moderno parlamento bicamerale e l’indipendenza dal Regno di Napoli
danno la misura del fermento che coinvolge l’Isola.
Quell’ “indipendenza”, ancora una
volta in funzione antinapoletana, sarebbe stata ribadita dallo
Statuto del Regno di Sicilia redatto dal parlamento del 1848. Più
tardi, a quel sentimento veniva informato il progetto elaborato, a
Palermo, dal Consiglio Straordinario di Stato del 1860, in vista di
un assetto federale auspicato per l’Italia unita. Tale idea, intesa
quale riconoscimento di una peculiarità dalle radici profonde,
avrebbe trovato risposte adeguate con lo Statuto speciale di
autonomia del 1946 e con la Costituzione repubblicana del 1948.
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