martedì 25 settembre 2012

Mostra “Sicilia 1812"







“Sicilia 1812. Laboratorio Costituzionale. La società, la cultura, le arti” (visitabile fino al 31 ottobre prossimo a Palazzo Reale-Palermo)

Palermo - Archivio di Stato, Costituzione Siciliana del 1812

Se nel 1810 pochi capivano che volesse dire Costituzione, da quell'epoca in poi non vi ha ciabattino che non conosca i diritti suoi e che non senta la violenza di esserne spogliato" (Nicolò Palmeri)

 
 
In un mondo sempre più globalizzato, diventa necessario incrementare le relazioni culturali ed economiche creando stabili collegamenti, riannodando fili, nel tempo abbandonati, con altre realtà e civiltà.
Ripercorrere la storia della Sicilia, soprattutto per le nuove generazioni, significa riscoprire ricchezza e molteplicità di culture che in essa si sono incontrate.
Una tale memoria può e deve costituire oggi il punto di partenza imprescindibile per una rinnovata capacità progettuale che metta a frutto il ricchissimo patrimonio culturale e naturale dell’Isola, insieme alle sue straordinarie risorse umane.
 
Elia Interguglielmi, Apertura del Parlamento nel Palazzo Reale
 
 
 
Dopo aver celebrato i 150 anni dell’unificazione nazionale ed esaltato il valore dell’Italia una e indivisibile, ricordare, in un ideale continuum, i duecento anni della Costituzione siciliana del 1812, contribuisce a mettere in luce lo spessore di un’identità regionale che ha saputo fornire un apporto significativo in termini di progetti, uomini e idee alla costruzione dell’ordinamento unitario e al disegno della “Repubblica delle autonomie” tracciato dalla Carta costituzionale del 1948.
 
Francesco Padovano (Palermo 1842), La notte del 19 luglio 1812
 

Le ricorrenze celebrative possono essere riempite di contenuti d’occasione o colme di retorica, ma possono anche, e più proficuamente, rappresentare opportune occasioni per una valutazione critica di eventi che, pur appartenendo al passato, hanno prodotto conseguenze sensibili ancora nel nostro presente.

Risulta pertanto significativo far seguire alle celebrazioni di un evento “nazionale” di indubbio rilievo, le celebrazioni di un evento che geograficamente è “regionale” ma che culturalmente costituisce un formidabile esempio di diffusione di principi costituzionali che dall’Inghilterra finiscono per contagiare la Sicilia ed il Mediterraneo.

Così declinate, le vicende della nostra terra possono forse essere spiegate con un’angolazione diversa da quella di una Sicilia ripiegata su se stessa, che tende a spiegare ciò che in essa accade secondo chiavi di lettura tutte interne. Al contrario la Costituzione del 1812 lega le sorti della nostra terra alle aspirazioni di libertà e di autogoverno che caratterizzeranno le vicende di molti popoli europei.

Parallelamente a quanto accade in altre parti d’Europa – ed in particolare con la coeva Costituzione di Cadice - il 1812 segna, a Palermo, il passaggio dall’antica costituzione storica ad un impianto che risente del costituzionalismo moderno.

Il carattere del testo costituzionale non concesso da potere regio ma approvato da un parlamento in sede costituente, l’abolizione dei privilegi feudali, l’affermazione dei diritti dei cittadini e la libertà di stampa, la creazione di un moderno parlamento bicamerale e l’indipendenza dal Regno di Napoli danno la misura del fermento che coinvolge l’Isola.

Quell’ “indipendenza”, ancora una volta in funzione antinapoletana, sarebbe stata ribadita dallo Statuto del Regno di Sicilia redatto dal parlamento del 1848. Più tardi, a quel sentimento veniva informato il progetto elaborato, a Palermo, dal Consiglio Straordinario di Stato del 1860, in vista di un assetto federale auspicato per l’Italia unita. Tale idea, intesa quale riconoscimento di una peculiarità dalle radici profonde, avrebbe trovato risposte adeguate con lo Statuto speciale di autonomia del 1946 e con la Costituzione repubblicana del 1948.
 
 

 

 
 
 
 
 
 
 
 

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